Spesso viene posta in maniera più o meno provocatoria questa riflessione, in diverse formule e declinazioni. La tendenza attuale punta a far emergere la condizione di disagio e a sottolineare l’importanza di “occuparsi” del proprio benessere mentale. La sofferenza emotiva reattiva ad un evento critico o l’inquietudine sopita che accompagna l’individuo, non è una condizione a cui le persone devono abituarsi. Fondamentale prendere atto che il proprio stato di salute psichica influenza fortemente le dimensioni di vita di ciascuno, la famiglia, le relazioni amicali e sociali, il contesto di studio o di lavoro.
Una serie di stereotipi legati al contesto di ascolto psicologico, sono ad oggi, (ancora di più con le nuove generazioni) desueti. Questo però, in una dimensione provocatoria, può generare un equivoco di fondo e una lettura superficiale di questa sana tendenza. Quante volte sentiamo dire “Prima non si facevano tragedie, le difficoltà si affrontavano”?
In realtà, nel nostro lavoro, la liason tra sofferenza attuale di un individuo e i traumi relazionali avvenuti nel passato è più che evidente, e la ricerca sui traumi transgenerazionali conferma quanto le dinamiche psicologiche delle generazioni precedenti abbiano un forte incidenza sulla condizione di salute delle generazioni future.
Il trauma transgenerazionale è il trasferimento della condizione traumatica alle generazioni successive (figli e nipoti), che declineranno questa sofferenza in diverse forme di disagio, a partire dalla propria peculiare narrazione e costituzione personale.
Senza scomodare l’epigenetica, i corposi studi di correlazione con il PTDS ed il concetto di influenza ambientale nell’espressione genetica, possiamo fare un volo pindarico e riflettere su quanto il post-bellico, oppure lo scenario devastante successivo alla bomba atomica in Giappone abbia influenzato le opere di animazione di produzione giapponese (anime), poi proposte al mondo infantile come cartoni animati di particolare successo.
Temi quali guerre, scenari apocalittici, scontri epocali, oppure la ricerca disperata dei propri cari, il lutto, il sopruso, l’abbandono e l’orfanilità hanno costituito la trama delle storie e la costruzione di diversi personaggi (Goldrake, Mazinga, Candy Candy, Conan etc). Questi traumi erano probabilmente stati vissuti dagli autori che hanno trasferito quella dimensione nella creazione artistica.
Ma perché, quindi, oggi tutti vanno dallo psicologo?
Oggi si affronta questo tempo e la sua pressione, sfide come la proiezione di sé in più mondi o l’esposizione coatta della propria immagine e della narrazione di sé, rivoluzione digitale in cui siamo stati proiettati senza guida…ma non solo: è bizzarro pensare a quanto questa generazione abbia ancora da elaborare. Fino a qualche decennio fa erano legittimate condizioni di vita disfunzionali quali il matrimonio riparatore, il delitto d’onore, la negazione dell’identità di genere oppure alcune pratiche educative traumatiche. Questi traumi, come un’onda lunga, hanno provocato condizioni di malessere e profondo disagio, che ancora oggi si riverberano negli schemi patogeni relazionali e familiari.
Possiamo oggi, finalmente, occuparci più liberamente del nostro benessere, riconoscendo questo cambiamento come passo decisivo verso la salute individuale e collettiva.